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FUORI delle RIGHE

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Attenti e liberi - Mt 24,37-44

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».


disse ai suoi discepoli

Matteo mette insieme tre esempi parabolici che probabilmente sono stati detti in situazioni e tempi diversi, raccolti per dare risposta alla preoccupazione dell’uomo per il futuro. Al suo tempo l’attesa messianica era forte e con essa l’ansia di sapere cosa e quando succederà. Nei versetti precedenti (Mt 24,32-36) è raccontata la parabola del fico che annuncia l’estate ma è affermato anche che: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno (Mt 24,35). La certezza della Parola fa da sfondo al mutare delle stagioni della storia, mentre i piccoli segni di cambiamento sono sotto lo sguardo e hanno bisogno di attenzione per essere individuati e compresi.


non si accorsero di nulla

La parabola sul diluvio al tempo di Noè descrive lo scorrere della vita, la normalità di tutti i giorni, quando tutto sembra rientrare nell’alveo della consuetudine. Fare l’abitudine alle cose, alla vita, alla storia è la condizione pessima dell’uomo che non si accorge di nulla; sono proprio le cose più evidenti che diventano invisibili … occorre un occhio allenato per percepirle e scoprire in esse l’opera di Dio. Il diluvio incombeva, qualcuno costruiva un’arca, ma gli uomini erano troppo occupati nelle solite cose da non accorgersi di nulla. L’arca salva solo chi ha percepito il disastro che stava sopraggiungendo; l’attenzione alle cose e alla storia è la discriminante tra chi è portato via e chi è lasciato. La salvezza è per tutti ma non di tutti, improvvisamente il quotidiano diventerà eternità, occorre saper vivere la quotidianità orientandola all’eternità così da diventare veramente liberi di quella libertà che nasce dalla consapevolezza della provvisorietà della nostra esperienza umana.


a quale ora della notte

L’esempio parabolico del padrone di casa alle prese col ladro serve a spiegare l’invito: Vegliate dunque; si deve vivere apparentemente come se “non” dovesse accadere niente, ma con la coscienza “sveglia” come per attendere qualcuno, essere attesi o coinvolti in un evento che sta per giungere. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro (1Ts 5,4). Non salva aver paura del futuro (del ladro che sopraggiunge), neppure escogitare sistemi di allarme né inferiate e muri, ciò che deve essere sarà comunque. Non lasciare che gli eventi si impossessino di noi subendo l’inevitabile piuttosto avere l’attenzione necessaria per comprendere il tempo che viviamo; sono troppi coloro che pretenderebbero di dominare l’uomo facendo leva sulle paure, sulle incertezze, non permettere che sia l’emotività a motivare le scelte ma avere l’intelligenza e il pensiero sulla storia del nostro tempo; il futuro è già nel presente (cfr S. Agostino, Confessioni XI) e si prepara nell’oggi.
La consapevolezza ci dona una prospettiva, ci dice che c’è un progetto per ciascuno di noi e per l’umanità, che ogni giorno si realizza e ci avvicina al compimento. Ma è proprio l’ignoranza del quando che ci rende liberi, capaci di stupirci, attenti alle novità, capaci di valorizzare il presente e gioire di ogni attimo.


tenetevi pronti

In una cultura spesso dominata dalla tecnica, sembrano moltiplicarsi le forme di tristezza e solitudine in cui cadono le persone, e anche tanti giovani. Il futuro infatti sembra essere ostaggio dell’incertezza che non consente di avere stabilità. È così che sorgono spesso sentimenti di malinconia, tristezza e noia, che lentamente possono portare alla disperazione. C’è bisogno di testimoni di speranza e di gioia vera, per scacciare le chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali. Il vuoto profondo di tanti può essere riempito dalla speranza che portiamo nel cuore e dalla gioia che ne deriva. C’è tanto bisogno di riconoscere la gioia che si rivela nel cuore toccato dalla misericordia. Facciamo tesoro, pertanto, delle parole dell’Apostolo: «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4; cfr 1 Ts 5,16). [Lettera Apostolica di Papa Francesco "Misericordia et misera", 3]